(Avv. Stefano Meani e Dott.Ernesto Cherici - dicembre 2010)
Gli Emirati Arabi Uniti hanno sottoscritto numerosi trattati bilaterali con molti Stati, fra cui l’Italia, per evitare che un soggetto sia tassato due volte nei due paesi per la medesima fonte di reddito e per favorire lo scambio di informazioni.
Gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sono una Federazione costituita nel 1971 a cui appartengono 7 Emirati.
La Federazione ha poteri in tema di affari esteri, difesa, salute ed educazione, mentre per il resto i singoli Emirati mantengono una sovranità assoluta, compreso il settore fiscale.
Di fatto, negli EAU non esiste alcuna tassazione, a parte quella applicata alle succursali delle banche straniere, agli hotel e alle grandi compagnie petrolifere e del gas.
A Dubai vi è una legislazione in tema fiscale che però, di fatto, non viene applicata.
In particolare, negli Emirati non vengono applicate le seguenti imposte:
Anche nelle Free Zone presenti negli Emirati non vi è alcuna tassazione, eccetto l’obbligo di pagamento annuale della tassa relativa alla licenza commerciale.
Inoltre non vi è alcuna restrizione sul trasferimento all’estero dei profitti o al rimpatrio dei capitali.
I dazi doganali sono molto bassi e possono essere addirittura esclusi per determinate categorie di prodotti (per esempio, in caso di importazione di materiali da utilizzare per la produzione di beni da riesportare).
In quasi tutti gli Emirati, chi vive in unità residenziali o utilizza unità commerciali è tenuto a pagare la Property Tax.
A Dubai tutte le proprietà residenziali sono soggette a una tassa annuale sulla proprietà. L’importo della tassa dipende dalla qualifica lavorativa del conduttore dell’immobile:
Sebbene l’obbligo di pagamento gravi sul conduttore, la Municipalità di Dubai richiede il pagamento direttamente al datore di lavoro al momento di emettere o rinnovare la licenza annuale di commercio.
Black o white list?
I paesi a fiscalità privilegiata (o black list) sono quei paesi, inseriti nel Decreto Ministeriale del 21 novembre 2001 relativo alle Cfc che, oltre ad avere un livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, non consentono un adeguato scambio d’informazioni.
Gli Emirati Arabi Uniti sono considerati:
Gli Emirati Arabi Uniti potrebbero però comparire nella futura white list che, al momento dell'emanazione dell'apposito decreto, sostituirà l'attuale black list di cui al più volte citato DM 21/11/2001.
Riflessi fiscali italiani per gli investitori che operano negli EAU
Il legislatore italiano ha modificato nel mese di luglio 2009, con il decreto anticrisi, la disciplina contenuta nell'art. 167 del testo unico sulle imposte dirette (Tuir) a cui soggiacciono, tra l'altro, le imprese e le persone fisiche che detengono partecipazioni di controllo in società estere localizzate in paesi a fiscalità privilegiata.
Tale disciplina, nota come C.F.C. (acronimo di Controlled Foreign Companies), prevede l'imputazione per trasparenza degli utili dalla Cfc direttamente in capo ai soggetti residenti in Italia, senza attendere l'effettiva distribuzione degli stessi.
Il soggetto residente in Italia può chiedere la disapplicazione della disciplina Cfc [cause esimenti contenute nell'art. 167 tuir, comma 5, lettere a) e b)] relativamente alla propria controllata estera, presentando obbligatoriamente apposito interpello all'Amministrazione finanziaria.
Esimente lettera a)
L'art. 13 del decreto anticrisi ha modificato solo la prima esimente contenuta nel comma 5 lettera a) dell'art. 167 del Tuir, precisando che l'attività della società estera controllata deve essere svolta non più nello Stato o Territorio nel quale ha sede, bensì nel mercato dello Stato o Territorio di insediamento.
Tale precisazione comporta per l'investitore italiano la necessità di dimostrare:
Un’attività si considera radicata nello Stato estero quando la stessa è costituita allo scopo di “…partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio…” (Corte di Giustizia delle Comunità Europee 12 settembre 2006, causa C-196/04 – Cadbury Schweppes).
Altre modifiche all’art. 167 del Tuir
1) Esclusione della esimente relativa al collegamento nel mercato dello Stato o Territorio di insediamento, vista sopra, per la controllata estera Cfc i cui proventi derivino per oltre il 50%:
Resta sempre comunque possibile il ricorso alla seconda esimente prevista dalla lettera b) del comma 5 dell'art. 167 (che non è stata modificata), fornendo la prova che la partecipazione detenuta non ha la finalità di localizzare i redditi in un Paese a fiscalità privilegiata.
2) Estensione della normativa Cfc (imputazione per trasparenza degli utili indipendentemente dalla loro distribuzione) anche alle controllate estere localizzate in Paesi non a fiscalità privilegiata (ad esempio UE), qualora congiuntamente risultino soddisfatti i seguenti requisiti:
Conclusioni
Il soggetto Italiano può comunque detenere partecipazioni nella Federazione, ma per poter essere esonerato dall'applicazione della disciplina Cfc:
(Avv. Stefano Meani e Dott.Ernesto Cherici - dicembre 2010)