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Transfer Pricing - cessione quote tra società negli Emirati Arabi

Transfer pricing

(Dott.Ernesto Cherici - gennaio 2011)


Il presente articolo ha lo scopo di delineare le novità introdotte in materia di transfer pricing:



Premessa

Prima di addentrarci nella novità legislativa, vediamo molto brevemente che cos'è il transfer pricing.

Con tale termine si intende la pratica secondo la quale società distinte tra loro, ma appartenenti allo stesso gruppo, trasferiscono quote di reddito mediante cessioni di beni o prestazioni di servizi ad un valore diverso da quello che sarebbe stato pattuito tra entità indipendenti.

Il transfer pricing:

È sotto inteso che le operazioni poste in essere tra consociate debbano effettivamente avvenire altrimenti si verterebbe in ipotesi di operazioni inesistenti, fattispecie più grave rispetto alla violazione della normativa sui prezzi di trasferimento.

Per contrastare tale fenomeno, il legislatore nazionale si è dotato dei seguenti strumenti normativi:

Al fine di stabilire il valore corretto al quale dovrebbero avvenire le transazioni infragruppo.

A tale scopo il comma 7 dell'art. 110 del tuir dispone che, ai fini della determinazione del reddito di un'impresa fiscalmente residente in Italia, i redditi che derivano dalle operazioni intercorse con le società del medesimo gruppo fiscalmente residenti all'estero (e non necessariamente in paradisi fiscali) debbano essere valutati in base al valore normale, come definito dall'art. 9 del tuir.

Il contenuto del comma 7 dell'art. 110 del tuir ha valore di presunzione assoluta e, perciò, se in sede di controllo dovesse emergere un aumento di reddito confrontando il prezzo pattuito dalle parti ed il valore normale che sarebbe stato applicato tra società indipendenti, non è possibile per il contribuente poter provare l'infondatezza delle rettifiche, salva la possibilità di contestare la correttezza del procedimento.
Da un punto di vista oggettivo la disciplina de qua si applica a tutte le transazioni che hanno rilevanza reddituale (cessioni e locazioni anche finanziarie di beni immateriali, materiali), nonché alle operazioni di finanziamento ed alle prestazioni di servizi infragruppo (marketing, pubblicità, ricerca e sviluppo,...).

Dal punto di vista soggettivo, invece, con la locuzione “società non residente” si fanno rientrare tutte le forme giuridiche riconosciute nello Stato estero, mentre con “impresa residente” si fa riferimento a chiunque eserciti professionalmente un'attività economica organizzata, in forma individuale oppure collettiva, finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi.

Infine, per quanto riguarda il termine “controllo”, la circolare n. 32/1980 esclude che tale nozione sia riferibile esclusivamente ai limiti stabiliti dall’art. 2359 del c.c.; infatti con tale locuzione è ricompresa anche ogni ipotesi di influenza economica potenziale o attuale.

È la stessa circolare ad individuare le circostanze che possono portare ad individuare un’influenza economica potenziale o attuale:

È bene precisare che l'esistenza di uno solo degli elementi di fatto sopraindicati non consente sempre di pervenire alla conclusione affermativa sull'esistenza del controllo richiesto dall’art. 110, c. 7, del tuir. Più elementi riuniti tra loro possono, invece, sempre costituire prova sufficiente dell'esistenza del nesso di dipendenza.

Di conseguenza, come già affermato, bisogna fare riferimento non soltanto alle disposizioni del codice civile ma anche alle situazioni di fatto, ossia a quelle situazioni in cui il collegamento sia riconducibile all’influenza di un'impresa sulle decisioni imprenditoriali dell'altra, che va ben oltre i vincoli contrattuali od azionari sconfinando, appunto, in considerazioni di fatto di carattere meramente economico.

Il controllo deve essere contrassegnato da esigenze di elasticità e il contesto economico in cui è inserito deve essere dinamico, tenendo presente, cioè, che le variazioni di prezzo nelle transazioni commerciali trovano spesso il loro presupposto fondamentale nel potere di una parte di incidere sull'altrui volontà non in base al meccanismo del mercato ma in dipendenza degli interessi di una sola delle parti contraenti o di un gruppo.

Ad esempio, si avrà il controllo:

Infine, è necessario che la posizione dell'impresa controllante sia caratterizzata da elementi di stabilità che rendano il vincolo abbastanza forte da escludere un controllo fortuito o molto limitato nel tempo.

Le novità introdotte dall'art. 26 della L. n. 122/2010, dal provvedimento del 29 settembre 2010 e dalla Circolare ministeriale n. 58/E del 15 dicembre 2010.

Dopo aver accennato brevemente agli elementi base del trasnfer pricing, analizziamo le novità in materia di prezzi di trasferimento.

(1)

L'art. 26 della legge 30/07/2010, n. 122(legge di conversione del D.L. n. 78/2010), rubricato “Adeguamento alle direttive OCSE in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento”, dispone quanto segue:
“1. A fini di adeguamento alle direttive emanate dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento ed ai principi di collaborazione tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, all'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 2-bis, e' inserito il seguente: "2-ter In caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell'ambito delle operazioni di cui all'articolo 110, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, la sanzione di cui al comma 2 non si applica qualora, nel corso dell'accesso, ispezione o verifica o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all'Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati. Il contribuente che detiene la documentazione prevista dal provvedimento di cui al periodo precedente, deve darne apposita comunicazione all'Amministrazione finanziaria secondo le modalità e i termini ivi indicati. In assenza di detta comunicazione si rende applicabile il comma 2.".

2. Ai fini dell'immediata operatività delle disposizioni di cui al comma il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate deve essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. La comunicazione concernente periodi d'imposta anteriori a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, deve essere comunque effettuata entro novanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.”

L’intervento del legislatore in materia di tranfer pricing non ha modificando l’art. 110, comma 7, e l’art. 9 del tuir, bensì:

La norma de qua rappresenta un incentivo a dotarsi della documentazione che sarà definita con il provvedimento più volte richiamato; infatti il possesso della documentazione non è obbligatoria ma “vivamente consigliata” per evitare l’irrogazione delle sanzioni.

(2)

Il Provvedimento del 29 settembre 2010 (Prot. 2010/137654) ha fornito le indicazioni operative per predisporre la documentazione richiesta per giustificare i prezzi di trasferimento praticati dalle imprese nelle operazioni infragruppo internazionali, e della relativa comunicazione all’Amministrazione finanziaria, al fine della disapplicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione.

In coerenza con le indicazioni riportate nel Codice di condotta dell’Unione Europea, il Provvedimento identica la documentazione “giustificativa” in:

Questi set rappresentano la documentazione idonea che consente al contribuente di accedere al regime di esonero indicato nell’art. 1, c. 2-bis, del DLgs n. 471/97.

E’ possibile sintetizzare il contenuto del Masterfile e della Documentazione Nazionale come segue:

Contenuto del "Masterfile"

1. Descrizione generale del gruppo.  
2. Struttura del gruppo. 2.1. Struttura organizzativa.
2.2. Struttura operativa.
3. Strategie aziendali.
4. Flussi delle operazioni.  
5. Operazioni infragruppo. 5.1. Cessioni di beni materiali o immateriali, prestazioni di servizi, prestazioni di servizi finanziari.
5.2. Servizi funzionali allo svolgimento delle attività infragruppo.
5.3. Accordi per la ripartizione di costi.
6. Funzioni svolte, assets utilizzati e rischi assunti.
7. Beni immateriali.
8. Politica di determinazione dei prezzi di trasferimento del gruppo.  
9. Rapporti con le Amministrazioni fiscali dei Paesi dell’Unione Europea.  


Contenuto della “Documentazione nazionale"

1. Descrizione generale della società.  
2. Settori in cui opera la società.  
3. Struttura operativa della società.  
4. Strategie generali.  

5. Operazioni infragruppo (cessioni di beni materiali o immateriali, prestazioni di servizio, prestazioni servizio finanziarie).

 

5.1. Descrizione delle entità del gruppo con le quali le transazioni sono poste in essere.
5.2 Analisi di comparabilità.
5.3 Evidenza del metodo per la determinazione del transfer pricing.
5.4. Criteri di applicazione del metodo.
5.5. Risultanti derivanti dall’applicazione del metodo selezionato.

6. Operazioni infragruppo (accordi per la ripartizione dei costi – “CCA” a cui l’impresa partecipa). 6.1. Soggetti, oggetto e durata del CCA.
6.2 Perimetro delle attività e progetti coperti.
6.3. Metodo di determinazione dei benefici.
6.4. Forma e valore dei contributi forniti da ognuna delle imprese partecipanti.
6.5. Formalità, procedure e conseguenze dell’ingresso e dell’uscita dall’accordo di imprese associate.
6.6 Previsioni negoziali relative a versamenti compensativi o modifiche dei termini.
6.7. Mutamenti intervenuti medio tempo nell’accordo.
(2.a.) – Tipologia di contribuente.


Il Provvedimento specifica quali sono gli oneri documentarli a seconda del soggetto di riferimento:

Soggetto Mastefile Masterfile del sottogruppo Documentazione Nazionale
Holding x   x
Subholding   x x
Partecipata     x
Stabile organizzazione di società estera holding x   x
Stabile organizzazione di società estera subholding   x x
Stabile organizzazione di società estera partecipata     x



Le PMI possono non aggiornare i dati indicati nel punto 5.1.3 della Documentazione Nazionale per i due periodi d’imposta successivi, se le informazioni si basano su dati pubblici come bilanci depositati oppure desumibili da banche dati commerciali e se i fattori da a) ad e) del punto 5.1.2. non sono sensibilmente cambiati. (3)

La Circolare ministeriale n. 58/E del 15 dicembre 2010,ha fornito chiarimenti circa la predisposizione del Masterfile e della Documentazione Nazionale, in particolar modo relativamente alla struttura dei capitoli, paragrafi e sottoparagrafi.
Inoltre la relativa titolazione e numerazione deve intendersi immodificabile, salvo che le modifiche non siano finalizzate a fornire una migliore intelligibilità dei documenti.
Il punto 4 della circolare ha chiarito che, per la compilazione dei documenti, è necessario fare riferimento alle linee guida dell’OCSE del 22 luglio 2010 e al Codice di condotta della Unione Europea. (3.a.) – Comunicazione.

La comunicazione deve avvenire nei seguenti modi:

  Periodi Modalità Scadenza
1 Periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31/05/2010. Mediante servizio Entratel. 28/12/2010 o successivamente in mancanza di accessi, ispezioni o verifiche o qualsiasi attività istruttoria relativi al medesimo periodo d’imposta.
2 Periodi di imposta in corso al 31/05/2010. In sede di presentazione del modello unico. 30/09/2011 o anteriore nel caso di esercizio che si chiude nel corso del 2010.


(3.b.) – Firma della documentazione.

La Circolare specifica che sia il Masterfile sia la Documentazione Nazionale devono essere siglati in ogni pagina dal legale rappresentante del soggetto obbligato o da un suo delegato e firmati in calce all’ultimo foglio dallo stesso o autenticati con firma elettronica. Il legislatore italiano ha disposto, con l'art. 110 comma 10 del tuir, che non sono ammesse in deduzione le spese e le altre componenti negative di reddito che derivano da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate, nonché professionisti domiciliati, in paesi black list individuati dal D.M. 23 gennaio 2002. Si tratta di paesi non appartenenti all’Unione europea e che hanno un regime fiscale privilegiato (RFP).

Nel presente articolo inquadreremo il comportamento che l'imprenditore nazionale deve tenere per poter dedurre i costi e le spese sostenute con imprese residenti/localizzate ovvero professionisti domiciliati negli Emirati Arabi Uniti (EAU). Gli EAU risultano inclusi nell'art. 2 di tale lista nera, dalla lettura del quale si evince che viene considerato un Paese “virtuoso” solo ed esclusivamente se le operazioni commerciali vengono poste in essere con società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta. In tutti gli altri casi viene considerato un Paese a fiscalità privilegiata.

Per quanto concerne le operazioni commerciali con società degli EAU che operano in settori diversi da quelli sopra indicati oppure con professionisti è quindi necessario che l'impresa residente in Italia, affinché possa dedursi i costi e le spese sostenute, dimostri alternativamente:

Le cause esimenti sopra evidenziate, quindi, hanno lo scopo di dimostrare che l'impresa italiana pone in essere con imprese ovvero professionisti degli EAU operazioni commerciali reali e non finalizzate a contabilizzare costi esteri inesistenti ovvero sovrastimati. In luogo delle stesse, il contribuente ha la facoltà di avvalersi della procedura dell'interpello preventivo antielusivo (ex art. 21 della Legge n. 413 del 30 dicembre 1991), con il quale, prima dell’inizio delle operazioni con la controparte estera, è possibile presentare le prove della prima esimente ed eventualmente della prima parte della seconda esimente (le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico), ma sicuramente non della seconda parte della seconda esimente (effettiva concreta esecuzione), in quanto è necessario attendere una risposta affermativa prima di dare concreta esecuzione alle operazioni oggetto dell’interpello.

Prima di passare ad analizzare nello specifico le cause esimenti, è necessario chiarire a cosa ci si riferisce con la locuzione “spese e gli altri componenti negativi”. Per spese si intende il flusso di ricchezza in uscita dall’impresa, mentre con componenti negativi di reddito si intende qualsiasi componente negativo anche quello derivante da procedimenti di valutazione che diminuiscono il patrimonio dell’impresa (ammortamenti, svalutazioni, comprese le perdite su crediti). Tale poste passive sono indeducibili salvo prova contraria mediante la dimostrazione delle cause esimenti ovvero presentazione di interpello preventivo.

Tra le spese e gli atri componenti negativi sono esclusi: il costo di acquisto delle immobilizzazioni (perché all'atto dell'acquisto non costituiscono componenti negative di reddito iscritte nel conto economico), la distribuzione dei dividendi (perché non si tratta di spesa per l'impresa residente), le spese di costituzione della società, di sottoscrizione del capitale, i versamenti in conto capitale (quest'ultimi tre non costituiscono componenti negativi del CE – parere 10 del 22 giugno 1998 del Comitato Consultivo per l'applicazione delle norme antielusive); invece è necessario segnalare i beni che vengono inseriti nel CE il cui costo storico è inferiore a 516 €. Cause esimenti

In relazione alla prima causa esimente (prevalenza di un'attività commerciale effettiva) è necessario definire alcuni concetti.



Relativamente alla seconda causa esimente (interesse economico delle operazioni) è utile tener presente le conclusioni indicate nella risoluzione n. 46/E del 16 marzo 2004 dove l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che tale condizione può essere considerata soddisfatta quando venga dimostrato (dall'impresa italiana) che il prezzo praticato dal fornitore estero risulti mediamente inferiore per oltre il 30% a quello praticato dai fornitori italiani. Il contribuente nazionale deve attestare che anche la comparazione dei costi cosiddetti intermedi (trasporto, spedizione, deposito, assicurazione,...) sono ugualmente vantaggiosi rispetto ai medesimi prezzi praticati da imprese non localizzate in paesi a fiscalità privilegiata.

Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 26298 depositata il 29 dicembre 2010) l’onere di provare l’esistenza delle condizioni per dedurre i componenti negativi compete sempre al contribuente. Quest’ultimo, infatti, ha l’obbligo di provare l’interesse economico che l’ha indotto a commercializzare con imprese localizzate in paesi black-list.


Obbligo di separata indicazione nella dichiarazione dei redditi

L’ultima incombenza a carico dell’operatore italiano è rappresentato dall’obbligo di indicare separatamente, nella dichiarazione dei redditi, l'ammontare dei costi e delle spese dedotte che provengono da operazioni con paesi black list. L'omissione di tale precetto è sanzionato a norma dell'art. 8, comma 3-bis, del DLgs 471/1997 (sanzione pari al 10% dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di € 500,00 ed un massimo di € 50.000,00). Prima dell’entrata in vigore della Finanziaria 2007, che ha introdotto la nuova norma sanzionatoria del comma 3bis dell’art. 8 del DLgs 471/97 (quindi fino al 31/12/2006), tale omissione veniva punita anche con il disconoscimento della deduzione.

Dal 1° gennaio 2007, quindi, l’omessa separata indicazione dei costi e degli componenti negativi nella dichiarazione dei redditi non è più punito anche con il disconoscimento alla deduzione ma con la sanzione prevista nel richiamato art. 8, comma 3-bis del Dlgs 471/97.

(Dott.Ernesto Cherici - gennaio 2011)

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